Ci sono momenti, durante il decorso di una gravidanza, che possono risultare fondamentali per la vita e la salute del feto, ma anche per la salute generale della madre.
Molte patologie di carattere genetico del feto in passato non erano diagnosticabili in maniera precoce e questa mancanza rappresentava un deficit praticamente impossibile da trattare dopo la nascita del bambino.
Molti bambini nati con la Sindrome di Down venivano al mondo senza che nessun controllo preliminare potesse chiarire ai futuri genitori la presenza di questo tipo di patologia. Un problema che oggi è affrontato in maniera totalmente diverso grazie all’introduzione di sistemi di diagnosi utili per controllare il possibile sviluppo di patologie a livello cromosomico.
Esiste oggi, invece, un sistema ritenuto assolutamente efficace per il controllo e la valutazione della possibile presenza di anomalie cromosomiche che possono essere ricondotte allo sviluppo di patologie come la Sindrome di Down da parte del feto.
I metodi più utili per questo tipo di controllo sono quelli del b test e della traslucenza nucale. Questo tipo di test sono meglio conosciuti con la definizione di “test prenatali” e possono risultare utili per sviluppare un’adeguata alternativa ad un tipo di test più invasivi e pericolosi sotto questo punto di vista, nello specifico esami come la villocentesi o l’amniocentesi.
Questi due controlli, anche se in grado di fornire una risposta assolutamente certa sulla possibile presenza di patologie a livello dei cromosomi, sono anche piuttosto rischiose per la salute del feto e possono portare anche all’aborto (anche se in percentuali molto basse) se eseguiti in maniera errata.
Il b test per valutare la Sindrome di Down
In riferimento al b test è possibile affermare che questo è uno dei test più sicuri, sotto l’aspetto della salute del feto e della donna in gravidanza, per il controllo della possibile presenza di patologie a livello cromosomico.
Molto spesso gli esperti in campo ginecologico preferiscono assegnare il b test a pazienti che vogliono capire se esiste una certa probabilità di sviluppare patologie di natura cromosomica come, ad esempio, la Sindrome di Down.
Si tratta di un test caratterizzato dall’assoluta semplicità della pratica che è quella dell’utilizzo di un prelievo del sangue che viene effettuato tra la 9a e la 13a settimana di gravidanza, immediatamente dopo aver eseguito un’ecografia.
Il b test è, appunto, un test che ha una natura probabilistica relativamente alla diagnosi della Sindrome di Down, il prelievo sanguigno effettuato servirà ad una utile valutazione di determinati parametri per arrivare a diagnosticare malattie cromosomiche.
Nello specifico, questi parametri sono quelli relativi al livello della frazione beta della gonadotropina gorionica e della proteina A plasmatica. Se il b test evidenzia livelli troppo bassi di questi due valori si può palesare la possibilità di sviluppare patologie cromosomiche come la Sindrome di Down.
A livello attuale è possibile riconoscere al b test un’efficacia del 65/70% nell’identificazione di questo tipo di problematica.
Molte madri scelgono di sottoporsi al b test per poter avere una risposta più che efficace relativamente a questo tipo di problematica, potendo scegliere, poi, se assecondare il parere fornito da questo tipo di controllo o se proseguire verso controlli più impegnativi come la villocentesi e l’amniocentesi.